«MORIRE per Danzica?» è ormai, diventato un modo di dire che esprime il dubbio su un intervento, pur doveroso e necessario, per evitare guai peggiori. Storicamente, era l’interrogativo che risuonava alla fine degli anni Trenta in tutta Europa e soprattutto sulla stampa e negli ambienti politici (lo usò per la prima volta un esponente della «destra sociale» francese, un politico di centro, Marcel Dèat, che poi confluì nel movimento a favore del maresciallo Petain). La questione che si poneva: contrastare Hitler che voleva l’unione, con tutti i mezzi, dei popoli di lingua tedesca e ostacolava fortemente l’attuazione del Trattato di pace di Versailles, rivendicando anche la restituzione di tutti i territori che questa, dopo il primo conflitto mondiale, aveva sottratto alla Germania? La risposta a questo angoscioso quesito fu che non conveniva fare la guerra a Hitler, ma era meglio temporeggiare e lasciar correre. Non si doveva morire in una guerra che si poteva evitare, con la speranza che Hitler si sarebbe accontentato di quello che era riuscito ad ottenere. Era già tanto, si sarebbe sicuramente fermato...